La corsa è una delle discipline sportive più studiate in fisiologia dell’esercizio, non solo per la sua diffusione a livello ricreativo e competitivo, ma anche per la complessità dei meccanismi fisiologici e biomeccanici che ne determinano l’efficacia. Uno dei concetti chiave nello studio della performance del corridore è la running economy (RE), definita come il consumo di ossigeno (VO₂) necessario per sostenere una determinata velocità submassimale di corsa (Saunders et al., 2004).
In altre parole, la running economy rappresenta l’efficienza con cui un atleta utilizza l’ossigeno durante la corsa: a parità di velocità, un corridore con una migliore RE consuma meno ossigeno rispetto a un corridore meno efficiente. Poiché il VO₂max e la soglia anaerobica sono parametri ampiamente considerati per spiegare la performance, la running economy costituisce il “terzo pilastro” della resistenza nella corsa di medio-lunga durata.
Fisiologia della Running Economy
La RE si misura generalmente in laboratorio tramite test incrementali o submassimali, valutando il consumo di ossigeno a velocità comprese tra il 65% e il 85% del VO₂max. Un corridore con buona RE riesce a sostenere un ritmo elevato consumando relativamente meno ossigeno, e quindi con una minore richiesta energetica. Questo si traduce in un risparmio di risorse metaboliche (carboidrati e grassi) e in una riduzione della produzione di metaboliti affaticanti.
La RE è influenzata da una serie di fattori integrati, che includono aspetti fisiologici, biomeccanici e neuromuscolari. Tra i principali:
Efficienza metabolica: capacità dei muscoli di utilizzare l’ossigeno e i substrati energetici in maniera ottimale.
Coordinazione neuromuscolare: attivazione efficiente delle unità motorie, con riduzione delle contrazioni non necessarie.
Elasticità muscolo-tendinea: capacità di immagazzinare e restituire energia elastica durante la fase di appoggio e spinta.
Fattori che Influenzano la Running Economy
1. Biomeccanica della corsa
La tecnica di corsa gioca un ruolo fondamentale. Parametri come la lunghezza e la frequenza del passo, l’angolo di oscillazione degli arti e l’ampiezza verticale del movimento influenzano il dispendio energetico. Una corsa con eccessivo rimbalzo verticale, ad esempio, aumenta il lavoro meccanico senza favorire l’avanzamento orizzontale.
2. Forza e stiffness muscolo-tendinea
Un sistema muscolo-tendineo più “stiff” (per stiffness si intende la capacità reattiva elastica che un muscolo è in grado produrre per eseguire contrazioni pliometriche subito dopo il prestiramento impartito alla fascia) in particolare a livello del tendine d’Achille e dell’arco plantare, permette di sfruttare meglio l’energia elastica. Allenamenti di forza esplosiva e pliometria sono stati associati a miglioramenti significativi della RE.
3. Composizione corporea
Una massa corporea eccessiva, soprattutto a livello di tessuto adiposo, aumenta il costo energetico della corsa. Tuttavia, anche un incremento di massa muscolare non funzionale può peggiorare l’economia, poiché implica maggior lavoro meccanico a parità di velocità.
4. Aspetti neuromuscolari
La capacità di attivare in maniera sincronizzata le unità motorie e di stabilizzare le articolazioni riduce il consumo energetico. Gli esercizi di tecnica e il potenziamento muscolare mirato migliorano questo aspetto.
5. Età ed esperienza
La running economy migliora con gli anni di allenamento. Corridori esperti sviluppano strategie motorie e adattamenti fisiologici che riducono il costo energetico del movimento.
Strategie di Miglioramento della Running Economy
Numerosi studi hanno indagato modalità di allenamento e interventi utili a migliorare la RE. Alcuni approcci chiave includono:
Allenamento di resistenza: corse lunghe e a ritmo controllato stimolano l’adattamento cardiovascolare e mitocondriale, aumentando l’efficienza metabolica.
Allenamento intervallato ad alta intensità (HIIT): migliora la capacità ossidativa e la tolleranza alla fatica, con effetti positivi anche sull’economia di corsa.
Potenziamento muscolare e pliometria: esercizi di salto, sprint in salita e sollevamento pesi incrementano la stiffness tendinea e l’efficienza neuromuscolare.
Tecnica di corsa: lavori specifici su postura, appoggio del piede e frequenza del passo contribuiscono a ridurre gli sprechi energetici.
Allenamento in quota: se ben gestito, può migliorare la capacità ossidativa muscolare e quindi la RE a livello del mare.
Running Economy e Performance
La letteratura scientifica mostra come la RE sia un predittore fondamentale della performance nei corridori d’élite. Due atleti con lo stesso VO₂max possono ottenere risultati molto diversi: chi possiede una migliore RE riesce a mantenere più a lungo ritmi vicini al massimo.
Un esempio emblematico si trova nelle maratone di livello internazionale. Molti corridori africani di successo, in particolare kenioti ed etiopi, presentano valori di VO₂max simili a quelli degli atleti europei o americani. Ciò che li distingue, secondo varie analisi, è una running economy superiore, favorita da fattori genetici (struttura corporea più leggera, arti inferiori lunghi e sottili) e da adattamenti derivanti da anni di corsa su terreni variabili fin dall’infanzia.
Implicazioni Pratiche
Per allenatori e atleti, la running economy rappresenta un indicatore pratico su cui lavorare con programmi mirati. Non è sufficiente aumentare la capacità aerobica generale: occorre anche migliorare la qualità del movimento, la forza funzionale e l’efficienza neuromuscolare.
Monitorare la RE in laboratorio o sul campo (attraverso parametri indiretti come frequenza cardiaca a velocità submassimali o consumo energetico stimato) consente di valutare i progressi e personalizzare i programmi.
Conclusioni
La running economy è uno dei determinanti principali della performance di corsa, accanto al VO₂max e alla soglia anaerobica. Essa riflette l’efficienza complessiva con cui l’atleta utilizza ossigeno ed energia durante la corsa. Migliorarla significa correre più veloce con lo stesso dispendio energetico, un vantaggio decisivo soprattutto nelle gare di lunga distanza.
L’approccio ottimale richiede una combinazione di allenamento aerobico, lavori di forza e pliometria, ottimizzazione della tecnica e attenzione agli aspetti biomeccanici. Per questo motivo, la running economy non è soltanto un concetto fisiologico, ma un obiettivo pratico e misurabile nel percorso di crescita di ogni corridore.
Bibliografia essenziale
Saunders, P.U., Pyne, D.B., Telford, R.D., & Hawley, J.A. (2004). Factors affecting running economy in trained distance runners. Sports Medicine, 34(7), 465–485.
Barnes, K.R., & Kilding, A.E. (2015). Running economy: measurement, norms, and determining factors. Sports Medicine Open, 1(1), 8.
Fletcher, J.R., Esau, S.P., & Macintosh, B.R. (2009). Changes in tendon stiffness and running economy in highly trained distance runners. European Journal of Applied Physiology, 106(3), 375–383.
Saunders, P.U., Telford, R.D., Pyne, D.B., Cunningham, R.B., Gore, C.J., & Hawley, J.A. (2004). Improved running economy in elite runners after 20 days of simulated moderate-altitude exposure. Journal of Applied Physiology, 96(3), 931–937.
Joyner, M.J., & Coyle, E.F. (2008). Endurance exercise performance: the physiology of champions. Journal of Physiology, 586(1), 35–44.