Le ripetute veloci, o sprint interval training (SIT), rappresentano una componente fondamentale dell’allenamento per molti sportivi, in particolare nei programmi di corsa e atletica leggera. Oltre ai ben noti benefici sul metabolismo, sulla performance cardiovascolare e sulla potenza muscolare, esiste un ambito ancora poco esplorato ma scientificamente rilevante: l'effetto delle ripetute veloci sulla propriocezione.
La propriocezione, o senso cinestetico, è la capacità del corpo di percepire la posizione e il movimento nello spazio, fondamentale per l’equilibrio, la coordinazione e la prevenzione degli infortuni. È un sistema complesso che coinvolge recettori sensoriali presenti nei muscoli, tendini, articolazioni e tessuti molli, i quali inviano costantemente segnali al sistema nervoso centrale [1].
Durante le ripetute veloci, il corpo viene sottoposto a brevi ma intensi stimoli neuromuscolari. L’alternanza tra accelerazione e recupero induce un adattamento del sistema nervoso, migliorando la qualità delle risposte propriocettive. La rapidità del gesto atletico, associata al controllo motorio fine richiesto per mantenere la tecnica durante la fatica, sollecita profondamente i meccanismi di feedback e feedforward propriocettivo [2].
Uno studio pubblicato sul Journal of Sports Sciences ha evidenziato che l’allenamento intervallato ad alta intensità aumenta significativamente l’attività dei muscoli stabilizzatori e la reattività neuromuscolare [3]. Questo è particolarmente rilevante per la stabilità dell’arto inferiore, che è spesso soggetto a distorsioni o sovraccarichi. Le ripetute veloci, migliorando il controllo dinamico del piede, caviglia e ginocchio, possono quindi essere un valido strumento per prevenire infortuni legati a carenze propriocettive.
Inoltre, la componente di rapidità impone un lavoro di “rieducazione” motoria continua. Ogni sprint è un'occasione per il cervello di ricalibrare la posizione del corpo nello spazio, specialmente quando viene eseguito su superfici variabili o in condizioni non perfettamente simmetriche [4]. Questo aspetto è cruciale negli sport di resistenza e negli sport multidirezionali.
Un altro elemento da considerare è l’aumento dell’attenzione neuromuscolare: quando si eseguono sprint sotto fatica, il corpo è costretto a mantenere elevati standard di postura, equilibrio e attivazione muscolare. Questi stimoli ad alta frequenza favoriscono un miglioramento della capacità del sistema nervoso di anticipare e correggere i movimenti, aumentando il “software” di controllo motorio interno [5].
Dal punto di vista applicativo, le ripetute veloci dovrebbero essere inserite in un programma di allenamento con attenzione alla progressione, alla tecnica e al recupero. L’intensità elevata rende questo tipo di stimolo particolarmente efficace, ma richiede anche un controllo maggiore per evitare sovraccarichi.
In conclusione, le ripetute veloci non sono solo uno strumento per migliorare la velocità o la soglia anaerobica, ma rappresentano anche un mezzo potente per ottimizzare la propriocezione, la stabilità e il controllo motorio. Integrarle in modo strategico può portare benefici non solo alla prestazione, ma anche alla qualità del movimento e alla prevenzione degli infortuni.
Bibliografia
Proske, U., & Gandevia, S. C. (2012). The proprioceptive senses: their roles in signaling body shape, body position and movement, and muscle force. Physiological Reviews, 92(4), 1651–1697.
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Buchheit, M., & Laursen, P. B. (2013). High-intensity interval training, solutions to the programming puzzle: Part I. Sports Medicine, 43(5), 313–338.
Gruber, M., & Gollhofer, A. (2004). Impact of sensorimotor training on the rate of force development and neural activation. European Journal of Applied Physiology, 92(1-2), 98–105.
Ross, A., & Leveritt, M. (2001). Long-term metabolic and skeletal muscle adaptations to short-sprint training: implications for sprint training and tapering. Sports Medicine, 31(15), 1063–1082.