Negli ultimi anni la corsa è cambiata. Tanto.
Chi corre da un po’ se ne sarà accorto: fino a qualche tempo fa le domeniche mattina erano sinonimo di “gara sociale”, pettorale, ristoro con tè caldo e biscotti e chiacchiere sotto il gazebo dell’ASD di zona. Oggi, invece, il mondo del running ha assunto un volto diverso, più digitale, più condiviso.
C’erano i circoli sportivi, le associazioni dilettantistiche (le famose ASD) e una forte componente di socialità “vera”: ci si allenava insieme, ci si motivava a vicenda, si faceva gruppo. Il cronometro contava, certo, ma contava di più esserci, partecipare, far parte di qualcosa.
Le foto si facevano (poche), si stampavano (a volte), e i racconti delle gare vivevano nelle chiacchierate post-allenamento o nei resoconti sui forum di settore.
Poi è arrivato il mondo dei social: prima Facebook, poi Instagram, ora anche TikTok.
Correre non è più solo un gesto sportivo, ma anche un modo per raccontarsi.
Selfie alla partenza, video dei progressi, recensioni di scarpe, reels motivazionali, piani di allenamento condivisi. La corsa è diventata contenuto, e molti runner sono diventati veri e propri influencer.
Alcuni lo fanno con genuinità, per ispirare e motivare; altri con un approccio più “marketing”, legato a sponsor e collaborazioni.
È innegabile che i social abbiano avvicinato tante persone al running.
Chi non aveva mai corso si è lasciato trascinare da una community online, da una sfida su Strava o da un influencer che trasmetteva entusiasmo.
Oggi la corsa è più inclusiva, più visibile e spesso anche più curata, grazie alla diffusione di consigli tecnici, tabelle e informazioni di qualità.
Ma, dall’altra parte, c’è anche un rischio: quello di trasformare la corsa in una vetrina dove contano solo i numeri — like, follower, pace medio — e non più le sensazioni, il piacere del movimento, o il legame con gli altri.
Il podismo “sociale” rischia di cedere il passo a un running “individuale”, dove ognuno corre più per mostrarsi che per stare bene.
Come in tutte le trasformazioni, la chiave sta nel trovare un equilibrio.
I social possono essere uno strumento potentissimo per diffondere la passione per la corsa, far scoprire eventi, raccontare esperienze, ispirare nuovi runner.
Ma sarebbe bello non perdere quello spirito genuino delle ASD, fatto di condivisione reale, di sudore e di risate sotto la pioggia.
Correre resta, in fondo, una cosa semplice: un paio di scarpe, una strada e la voglia di mettersi alla prova.
Che ci si arrivi da un gruppo podistico o da un hashtag, poco importa — l’importante è non dimenticare perché abbiamo iniziato.