Alla base del mio approccio c’è un’idea chiara, che condivido pienamente con il prof. Arcelli: la scienza e la pratica devono camminare insieme. L’una non esclude l’altra, anzi: si nutrono a vicenda. La ricerca scientifica deve cercare di rispondere alle domande che nascono dal campo, mentre l’esperienza quotidiana dell’allenatore ha il compito di stimolare nuove domande, nuove ipotesi, nuovi percorsi da esplorare. È un interscambio continuo, una sinergia che arricchisce entrambi i mondi.
Come ricorda anche il prof. La Torre, un allenatore non può mai smettere di essere curioso. È la curiosità che ci spinge a cercare strade nuove, a immaginare soluzioni diverse, a costruire condizioni perché “le cose possano succedere”. Ma per farlo, non basta l’intuizione: servono studio, conoscenza, metodo. Allenare non è improvvisazione, è un’arte che richiede competenza, passione e sensibilità.
Credo che un buon coach non debba solo “aver corso tanto”, ma anche studiare costantemente l’evoluzione della fisiologia, della biomeccanica e della metodologia dell’allenamento. Per questo, il mio metodo si fonda sull’unione di teoria e pratica: ciò che sperimento con gli atleti viene continuamente confrontato con evidenze scientifiche aggiornate.
La mia missione è quella di costruire percorsi personalizzati, sicuri, efficaci e sostenibili per ogni tipo di runner, grazie a una preparazione consapevole, ragionata e con un pizzico di passione in più!